Intelligenza Artificiale non è più un termine comprensibile solo agli addetti ai lavori. Secondo la più recente ricerca dell’Osservatorio AI del Politecnico di Milano, ormai 95% degli italiani ne hanno sentito parlare e per il 61% dei rispondenti l’ AI è presente nella vita quotidiana.
Anche se ad oggi si fa ancora fatica distinguere le varie tecnologie e caratteristiche dell’Intelligenza Artificiale, i chatbot sono riconosciuti come la forma più comune di AI.
Per un utente finale può non essere significativo chiamare AI conversazionale come chatbot, chatterbot, assistente virtuale o digitale, bot, operatore robot, smartbot, simulatore, assistente vocale, voicebot, voice app, chat automatizzata, agente conversazionale o interfaccia conversazionale, ma le aspettative sulle loro performance possono essere molto diverse.
Infatti, secondo un survey report sull’awareness ed experience di assistenti conversazionali in Italia, la soddisfazione degli utenti che hanno utilizzato un chatbot è molto più bassa rispetto a quella di chi ha usato gli assistenti conversazionali. Uno dei principali driver di insoddisfazione è “non risolve problemi”.
Facciamo quindi un po’ di chiarezza su che cosa sono i chatbot, gli assistenti virtuali e gli AI assistant. Ci sono differenze significative ma vediamo prima che cosa li accomuna.
In tutti e tre i casi, si tratta dell’indubbia capacità di fornire un valore esponenziale sia alle aziende, sia agli utenti finali.
Le soluzioni conversazionali permettono di aumentare la produttività aziendale, creare un engagement con gli utenti, incrementare i ricavi, e innovare le strutture aziendali. Sempre più rami aziendali sono coinvolti nell’erogazione di servizi e informazioni riconoscendo i grandi vantaggi di questi strumenti.
Dall’altro lato gli utenti finali beneficiano della riduzione in effort e facilità di accesso alle informazioni disponibili 24h.
La finalità, quindi, è ciò che accomuna i chatbot con gli assistenti virtuali e gli AI Assistant.
Le tre soluzioni possono essere viste in una linea evolutiva dettata dallo sviluppo tecnologico di natural language processing, multicanalità, machine learning e deep learning.
In questo scenario, i chatbot sono strumenti di base che svolgono attività molto semplici, interagendo con gli utenti in forma testuale in un linguaggio ristretto.
Gli assistenti virtuali permettono un’interazione decisamente più conversazionale e sono dotati della capacità di autoapprendimento. Il loro focus è posto sulla voce e possono essere erogati su diversi touchpoint, inclusi i canali di messaggistica.
Gli AI Assistant svolgono anche task e compiono azioni all’interno di processi di business erogati attraverso ecosistemi telefonici, digitali e IoT, permettendo all’utente di interagire in modalità diverse e su canali differenti, con la possibilità di “spostarsi” tra tali canali anche durante la stessa attività.
Fatta questa premessa, diventa chiaro quanto sia fondamentale che le aziende comprendano le differenze tra chatbot, assistenti virtuali e AI Assistant per adottarli e utilizzarli nel modo corretto.
Gartner ha proposto una guida su come scegliere e valutare una soluzione adeguata; da tale guida risulta evidente che le funzionalità di chatbot non sono più sufficienti e non rappresentano una soluzione allo stato dell’arte.
In estrema sintesi, i chatbot sono un insieme di algoritmi che permettono automatismi in grado di interagire con le persone. Anche se storicamente sono nati per gestire l’interazione solamente in forma testuale, con flussi di dialogo predefiniti e per risolvere un problema o dare un’informazione molto ben circoscritta esclusivamente attraverso interfacce web, oggi possiamo considerarli una parte dell’architettura dei sistemi conversazionali: la parte responsabile della fase di interpretazione del linguaggio naturale dell’utente, in modo da comprendere la richiesta e di generare la risposta.
Gli AI Assistant trovano applicazione nella gestione di situazioni e processi molto complessi. Ciò non vuol dire che non sono adatti alle situazioni più semplici ma bensì che rispondono al meglio all’esigenza di iniziare da un piccolo proof of concept per poi espandere le funzionalità fino a coprire le esigenze delle diverse funzioni aziendali.
Sono in grado di orchestrare diversi processi in un’unica piattaforma, riducendo l’effetto della proliferazione degli assistenti virtuali gestiti uno alla volta.
Nascono nell’epoca IoT e sono in grado non solo di fornire risposte automatiche ma anche di gestire i dispositivi connessi. Sono, infatti, iper-connessi con ecosistemi interni all’azienda e servizi esterni “open”.
Il loro focus non è solo la conversazione ma la risoluzione dei problemi degli utenti e l’espletamento di task all’interno di complessi processi aziendali.
Gli AI Assistant stanno diventando sempre di più dei veri e propri assistenti, come può esserlo, ad esempio, il personale addetto alla segreteria. Un AI Assistant può svolgere molte delle nostre attività quotidiane: ricordare l'elenco delle riunioni in programma, prendere appunti, controllare la disponibilità del medico e prenotare un viaggio chiedendo le previsioni del meteo ed effettuando automaticamente la relativa richiesta di ferie. Gli AI Assistant possono essere quindi sia reattivi sia propositivi, ma prima di tutto sono sempre connessi con un persona reale con cui “scambiarsi” i task e a cui rivolgersi nel caso di situazioni impreviste.
Sono tre i punti fondamentali che rendono speciali gli AI Assistant:
Più in dettaglio, una piattaforma evoluta per lo sviluppo e la gestione di un AI Assistant deve essere dotata di:
Gli AI assistant sono basati su diverse tecniche di AI che permettono di “ricordare” interazioni precedenti, rendendo quindi la conversazione stessa molto più fluida, scorrevole ed umana.
Creare un AI Assistant, degno di questo nome, può essere molto complesso. Non solo bisogna dotarsi dei giusti strumenti di AI, ma anche essere in grado di unirli in modo tale da creare un equilibrio di performance ed experience.
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